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Evento, audere semper! Perché l’Italia è diventata un paese sagricolo

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La canicola, le zanzare, la perpetua visione del vicino in mutande sul terrazzo e le sepolcrali repliche in onda sulla Rai non vi abbacchiano a sufficienza? Niente paura: basta infilarsi in macchina e uscire dalla metropoli. La provincia italiana, d’inverno così creativa nell’ideare fattacci di cronaca nera, quando si tratta di organizzare lo svago estivo mostra una deprimente mancanza di immaginazione. Niente di meglio che una visitina a uno dei tanti eventi fuori porta per recuperare il mood cupo e malinconico che le ragazze trovano così intrigante. Ecco le manifestazioni più tipiche.
SAGRE GASTRONOMICHE
Da giugno a ottobre sulla penisola incombe una spessa coltre di grasso bruciato: è il fall-out delle migliaia e migliaia di kermesse mangerecce nate per «valorizzare i prodotti del territorio». Bè, quanto a valorizzare, ci riescono benissimo, visto che paghi tre volte tanto lo stesso risotto ai funghi della trattoria all’angolo, ma ciò non impedisce che le sagre vengano immancabilmente prese d’assalto da orde di famigliole indigene e di turisti panzoni che sfidano il collasso da caldo pur di pranzare, dopo ore di attesa, in un ambiente stile campo-profughi dove la cosa più digeribile che puoi trovarti nel piatto è una mosca cavallina. Saremo pure nell’era di Internet e nel cuore dell’Occidente opulento e avanzato, ma la prospettiva di strafogarsi di cibo bisunto risveglia nell’homo tecnologicus lo stesso scomposto entusiasmo che suscitava nel villano alto-medievale. La differenza è che il villano dell’anno Mille dopo la scorpacciata alla Sagra della Salsiccia tornava a far la fame per 364 giorni, il turista del Duemila limita il digiuno tutt’al più a mezz’ora, quanto basta per raggiungere in macchina la vicina frazione dove si tiene la Sagra della Trippa, e ricominciare da capo.
RIEVOCAZIONI STORICHE
Fioriscono da un capo all’altro del Paese, a riprova del fatto che chi non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo tutti gli anni con il patrocinio della pro-loco e del Supermarket della Poltrona. Finché si tratta del Palio di Siena, pazienza: è primitivo e disumano, ma ogni popolo ha i suoi tempi di civilizzazione, e per i senesi sfidarsi a cavallo è già un progresso visto che prima dell’introduzione del Palio le rivalità fra contradaioli si risolvevano a coltellate. Per il resto, su mille pagliacciate medievali prodotte sul territorio nazionale, una sola ha qualche giustificazione storica, le altre 999 sono frutto del prolifico connubio tra la mitomania dell’assessore alla Cultura e la cupidigia dell’assessore al Turismo di un Comune dove non succede una fava dall’Età del Bronzo. Che si rievochino gli sponsali di ser Balzellone del Ficosecco, la disfida fra Guelfi e Ghibellini o l’invasione dei perfidi Saraceni, il programma della manifestazione è sempre lo stesso: inaugurazione alla presenza di un Vip (in genere un residuato della penultima edizione del Grande Fratello), dopodiché metà della cittadinanza si accalca lungo il corso per sfottere l’altra metà che sfila conciata a mo’ di comparsa di Brancaleone.
CONCORSI DI BELLEZZA
Non sta bene sputarci sopra, specie di questi tempi: l’elezione della miss è la perfetta sintesi dei due valori-simbolo della civiltà occidentale, il voto e le donne nude. Perfino le femministe hanno smesso di criticare i concorsi di bellezza, perché sono l’unico appuntamento elettorale in cui i maschi votano volentieri per una donna. Ma se d’estate diventano un must è perché rappresentano un mezzo infallibile per riempire un locale: ogni candidata si porta dietro uno stuolo di parenti e amici che danno vita a un tifo da cinodromo, e lo sboccato che scandisce «Nu-da-nu-da» alla biondina in passerella se va bene è suo zio. I tempi sono cambiati: una volta le ragazze partecipavano ai concorsi di bellezza di nascosto da papà e mamma, oggi sono loro che ce le mandano a calci nel sedere, perché sul mercato del lavoro un titolo di «Miss Poppe a Pera» vale molto più di una laurea. Ci sono modi peggiori di buttarsi via: in fondo per aspirare a una fascia da miss si richiedono bella presenza, garbo e quel po’ di educazione sufficiente per trattenersi dallo scoreggiare in pubblico. Cioè, molto più di quanto si pretende per lavorare in televisione.
(estate 2003)


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